Tab Article
Badia nel Polesine, 25 giugno 1855. Sparita per alcuni giorni, la giovane villica Giuditta Castilliero ricompare ferita: gli "ebrei" l'avevano rapita e salassata ma un fortunato accidente, forse un miracolo, aveva impedito la sua immolazione. La storia del tentato omicidio rituale alimentò un'ondata di sdegno nella comunità locale. I pubblici poteri, avallandola, procedettero all'arresto di un membro della fantomatica congrega, l'uomo d'affari Caliman Ravenna. Subito il caso produsse echi allarmanti nella sfera politico-istituzionale, nella società e nell'opinione pubblica del Lombardo-Veneto asburgico. I nuclei ebraici dell'area, esposti alle attenzioni ostili degli inquirenti e dei concittadini, precipitarono in una delle più gravi crisi esperite nell'età dell'emancipazione. Questo episodio, sinora trascurato a livello storiografico, diventa occasione per un'approfondita analisi dell'antisemitismo in azione e delle risposte dell'ebraismo sotto attacco nell'Italia di metà Ottocento. Il libro offre la prima ricostruzione del caso di Badia, dal suo inizio alla condanna giudiziaria della promotrice della calunnia del sangue. Il mondo ebraico non ne fu spettatore passivo, ma concorse alla sua soluzione anche all'insegna della lotta al pregiudizio.